Cip il pulcino di Pinocchio



Mini-libro del 1945 - cm 8,5 x 13, p. 32


Tutti sanno che, quando Pinocchio, affamato come un lupo, ritornò a casa di Geppetto, trovò un uovo, dal quale balzò fuori un pulcino, che gli disse: - Mille grazie, signor Pinocchio d'avermi risparmiata la fatica di rompere il guscio! Arrivederla, stia bene e tanti saluti a casa!
Ma ben pochi conoscono la storia di questo burlone di pulcino il cui nome era Cip. Fra questi c'è il folletto Nocciolino, dal quale, in cambio di una striscetta di gomma da masticare, mi son fatto raccontare per filo e per segno la storia di Cip.
eccola.

Il tranello di Baffone

Il pulcino, svolazzando e saltellando per un lunghissimo tratto, giunse in vista d'una fattoria, sul cui tetto si posò.
Mentre stava lì, in mezzo a due tegole, pensando a quello che avrebbe dovuto fare per trovare un alloggio, sentì dietro di sè, un rumore di tegole smosse. Ebbe immediatamente la certezza del pericolo: fuggì via di scatto, rifugiandosi sul ramo d'un fico, lì presso.
era in salvo! Sul tetto, presso la grondaia, s'allungava sornione e feroce un terribile mostro, il gatto Baffone, il quale gli disse:
- Ih, quanta fretta, signor pulcino! Non è possibile fare quattro chiacchere con lei, così, da buoni amici?
- Certamente. Ma possiamo farle anche di qui a lì.
- Che cosa? domandò il gatto Baffone, sporgendosi sulla grondaia.
Ma Cip che aveva già gridato con quanto fiato aveva in gola e che non se la sentiva proprio di andare a mettersi a portata di quelle grinfie, non rispose e non si mosse.
Dopo un po', Baffone, vista inutile ogni insistenza, saltò giù dal tetto e andò a cacciare il muso dietro la saggina d'una grossa scopa che stava appoggiata al muro della fattoria.
Cip, che non perdeva di vista tutte le mosse di Baffone, vide che, poco dopo, il gatto s'allontanava da quel posto con l'aria di chi avesse importanti cose da sbrigare. Ma, dal cantuccio buio che stava tra la saggina ed il muro, sbucò fuori un grillo, il quale, dopo aver guardato intorno sospettosamente, prese a saltare in direzione dell'albero.
Giunto ai piedi del fico, il grillo si arrampicò sul tronco e poi, camminando sul ramo su cui stava Cip, arrivò ben presto presso il pulcino.
Stette un po' silenzioso, poi disse:
- Bella giornata, oggi.... vero?
Parlarono del più e del meno. Il grillo disse che si chiamava Cocchetto, che era figlio del celebre Grillo-parlante, e che, non lo diceva certo per vantarsi!, egli era il più istruito grillo di tutta la regione. Poi, il discorso andò a finire sul problema dell'alloggio.
Cip si dimostrò molto interessato.
- Conosco una comoda e tranquilla casetta disponibile - disse Cocchetto. Fino a poco tempo fa, ci abitava un giornalista, il cavalier Neretto, un merlo cieco da un occhio, che campava la vita andando in giro a raccogliere tutti i pettegolezzi della giornata. Ah!, è veramente una dimora ideale: tutta in muratura, esposta a mezzogiorno. Vogliamo andare a vederla?
- Un momento. Dove sta questa casa?
- Ah, amico mio. E' una sorpresa. A me piace molto fare sorprese. Andiamo!
- Niente affatto -, rispose Cip risoluto. Io non mi muovo. Voglio prima sapere dove sta questa meravigliosa casa...
- Ebbene, rispose Cocchetto, vedi quel comignolo, là sul tetto della fattoria? Ai piedi di quel comignolo c'è la casa di cui ti parlo...
Allora Cip si volse verso Cocchetto, guardando il grillo ora con un occhio, ora con l'altro. Ah! dunque, Cocchetto voleva convincerlo a ritornare sul tetto... proprio sul tetto, dove le unghie di Baffone lo avrebbero presto raggiunto!...
Il grillo guardava dinanzi a sè con aria indifferente, come attendendo che Cip si decidesse.


Cip salva Cocchetto

Ma, in quel momento, Cip vide muoversi qualcosa dietro il dorso di Cocchetto. Era uno scorpione, che, avvicinandosi al grillo, arcuava la coda velenosa, pronto a colpire. Fu un attimo. D'un balzo, Cip piombò addosso allo scorpione e, con un deciso colpo di becco, lo spezzò in due. 
Quando Cocchetto capì che cosa era successo, si mise a piangere, a lamentarsi, e a chiedere perdono a Cip.
- Sono un indegno!.... Perdonami!... Se tu sapessi! Ah, se tu sapessi!..
Cip rispose che sapeva tutto: che s'era accorto del colloquio tra Cocchetto e Baffone; che aveva capito lo scopo dell'invito di Cocchetto.
E, in cambio di tutto questo, Cip....
Poichè Cocchetto riprese a piangere più fortemente, Cip soggiunse che egli aveva ucciso lo scorpione semplicemente perchè odiava tutti gli scorpioni della terra, e disse che non aveva fatto nulla, proprio nulla di speciale...
Da quel giorno, Cip e Cocchetto diventarono buoni amici, e si proposero di vivere sempre insieme.
Innanzi tutto, occorreva trovare un alloggio veramente sicuro per Cip. - La mia casetta è troppo piccola per tutt'e due -, disse Cocchetto -. Anche se ci abitassi tu solo, non potresti rigirarti.
- Dove andare allora? domandò Cip. Io non sono affatto pratico di queste parti.
- Un'idea! - disse a un tratto Cocchetto. Potresti presentarti a Comare Zizzania...
- E chi è comare Zizzania? - domandò Cip.
- E' una vecchia gazza-ladra, bisbetica e puntigliosa, che, giusto in questi giorni, sta cercando un nuovo guardiano per il suo tesoro. Figurati che ha fatto un inventario in doppia copia di tutta la roba che le appartiene e pretende che il custode aggiunga, volta per volta, il nome e la descrizione dei nuovi oggetti che essa porta nel nido. Ma tu, proseguì Coccheto, sai leggere e scrivere? Cip rispose di no. Allora Cocchetto propose di andar prima a trovare il Mago Barbetta.
- Costui ti darà da mangiare un chicco di grano: il chicco della sapienza e, mangiato che tu l'abbia, ecco che, in quattro e quattr'otto, sapai leggere e scrivere.
Si recarono quindi dal Mago Barbetta, il quale ascoltato lo scopo della loro visita, fece dapprima digerire a Cocchetto dei pezzi di carta, strappati da certi libroni ch'egli aveva sul suo tavolo. Poi, da uno scatolino d'oro, prese un chicco di grano, e lo porse a Cip.
- Tieni! Ecco il chicco della sapienza! tra un'ora saprai leggere e scrivere.


In casa di Comare Zizzania

Quando Cip e Cocchetto giunsero alla casetta di comare Zizzania, videro che questa, con un fuscello nel becco, stava scopando il pavimento.
Li accolse piuttosto freddamente, ma poi, sentito da Cocchetto lo scopo della visita, si animò tutta, si pose sul becco un paio d'occhiali senza lenti, prese l'inventario e, tenendone una copia avanti alle zampette, dette l'altra a Cip.
- Leggete, signor Cip!
E Cip incominciò a leggere.


ELENCO DEGLI OGGETTI
DI PROPRIETA'
DI S.E.
CARMELINDA ZIZZANIA
DEI CONTI SCINTILLINI.


Primo: un braccialetto d'oro a 56 carati, con ciondolo.
- Ecco qua - fece Comare Zizzania, prendendo da una vecchia scatola di legno un braccialetto d'ottone con un pesciolino dello stesso metallo.
- Secondo: - proseguì Cip - un pettine d'avorio, stile Luigi XIV.
- Ecco qua, fece di nuovo Comare Zizzania. E tirò fuori dalla scatola un pezzo d'un vecchio pettine d'osso, tutto sporco, al quale mancavano non pochi denti.
Poi, prima che Cip leggesse al numero tre, essa tirò fuori il terzo oggetto.
- Terzo: un pezzo di specchio rotto - disse Cip, senza leggere sull'inventario.
- Che cosa' - domandò Comare Zizzania, lasciando cadere a terra lo specchio, che per fortuna non si ruppe, e fulminando con gli occhi il povero Cip.
- Oh, scusate! non avevo letto bene! disse Cip, che si affrettò a leggere sull'inventario: Terzo, uno specchio triangolare molato, dell'epoca di Luigi XV.
E così via, per una lista di ben sedici oggetti diversi, tutti press'a poco dello stesso inestimabile valore...
Incominciò per Cip una vita di molto lavoro e di scarse soddisfazioni. Ogni mattina, scopava la casetta di comare Zizzania, poi spolverara gli oggetti del tesoro, quindi preparava il pranzo, e infine si metteva, armato d'un portapenne munito di un arrugginito pennino a lancetta, all'ingresso della preziosa dimora. Questi erano gli ordini di Comare Zizzania. E quando essa rientrava doveva dirle: - Salve, Eccellenza!
Solo nel pomeriggio, quando Cocchetto veniva a far quattro chiacchere con lui, era felice. Ma i giorni trascorrevano troppo monotoni, e quando una volta Cocchetto propose a Cip di lasciare Comare Zizzania e di andare ad abitarecon lui, Cip accolse l'invito con gioia.
- H un'idea - gli disse Cocchetto -. Faremo ingrandire la casa da Mastro Picchio e dalla sua squadra di picchi-lavoranti...

Giorni felici

La casa di Cocchetto fu bene ampliata da Mastro Picchio e dai suoi operai: in tutto una ventina di picchi. I bravi uccelli lavorarono di lena e, dando colpi di becco nel legno, fecero dieci volte più grande la casa di Cocchetto, che si trovava a metà tronco d'una grossa quercia.
Trascorsero per i due amici molti giorni felici. Al mattino andavano in cerca di cibo, ognuno per proprio conto. Quando il sole era alto nel cielo, ritornavano alla loro casetta, si raccontavano tutto quello che era loro capitato nella mattinata, poi schiacciavano un pisolino. Nel pomeriggio, quando era bel tempo, uscivano insieme e si divertivano a rincorrersi per la campagna.

Pelle-di-rete

Ma un brutto giorno...
Cip e Cocchetto stavano chiaccherendo nella loro casetta, quando passò di lì Pelle-di-rete, una girovaga indovina e suonatrice di fisarmonica, in compagnia di suo figlio, un ragazzo di circa dodici anni.
La donna vide Cip nel vano dell'albero e se ne impadronì. Lo stesso fece il ragazzo con il grillo. Cip fu messo in una gabbia e fu obbligato a prendere col becco un biglietto di carta colorata ogni volta che la donna lo tirava fuori.
Cocchetto, con uno spago legato ad una zampa, fu trascinato dal ragazzo per qualche chilometro.
Cip non lo vide più per parecchi giorni, durante i quali lavorò molto per poco cibo.
Finalmente, un mattino, mentre Pelle-di-rete e suo figlio stavano mangiando pane e formaggio seduti su un mucchio di pietre, lungo la strada maestra, Cip, che stava nella gabbia messa lì poco distante sul parapetto d'un fiume, sentì presso di sè la ben nota voce di Cocchetto.
Cocchetto gli raccontò che il ragazzaccio, passando su un ponte, l'aveva lanciato con tutto lo spago in un torrente; che s'era salvato per miracolo, arrivando a stento sulla riva; che il giorno dopo un topolino bianco, mosso a pietà di lui, lo aveva liberato dallo spago, e che aveva vagato per quelle campagne in cerca di Cip fino a pochi minuti prima, quando aveva visto luccicare al sole le liste di metallo nichelato della fisarmonica.
- Oh, Cocchetto mio1 - disse Cip -. Come sono contento di rivederti! Ma ora... prudenza... Non farti vedere da quel tiranno...
Cocchetto si mantenne discosto e ben celato.Poi si mise a seguire Pelle-di-rete e il figlio, quando questi ripresero la strada.


Nel regno di Madama
Paciocca

I due giunsero ad un'osteria, per entrare nella quale si attraversava un cortiletto. Nel cortiletto c'era una chioccia bianca con una ventina di pulcini, press'a poco dell'età di Cip.
Pelle-di-rete posò la gabbia per terra, vicino alla porta dell'osteria e i pulcini, appena videro Cip, si misero a canzonarlo.
Cip moriva dalla pena e dalla vergogna.
Ma Cocchetto, montato su uno zoccolo di legno che stava presso la gabbia, arringò i pulcini e raccontò loro tutta la storia di Cip e la sua.
I pulcini si impietosirono, e, dopo aver detto a Cip parole di conforto e di speranza, andarono tutti dalla loro mamma, Madama Paciocca e tanto fecero e tanto dissero che convinsero la buona chioccia a venire in loro aiuto.
Essa andò alla gabbia e, dopo aver guardato bene dov'era il gancetto, a forza di beccate date di traverso, aprì lo sportello.
Cip volò fuori tutto contento, e s'unì agli altri pulcini, che gli fecero tanta festa e lo portarono in trionfo. Per consiglio di Cocchetto fu deciso che questi e il suo amico Cip si sarebbero nascosti finchè Pelle-di-rete e suo figlio non fossero stati abbastanza lontani.
- Nascondetevi qui - propose il pulcino più anziano, indicando loro un grosso buco nel muro del cortile.
Così fu fatto e soltanto la mattina seguente, a giorno inoltrato, Cip e Cocchetto uscirano dal loro nascondiglio.
Cip diventò come un fratello per i pulcini del cortile, come un altro figlio per Madama Paciocca; Cocchetto, dal canto suo, divenne l'amico di ben ventiquattro pulcini, compreso naturalmente Cip.
Per la gente del cortile fu sempre un mistero il fatto che i pulcini, che una certa sera erano sicuramente ventitrè, il giorno dopo erano diventati ventiquattro.
E all'osteria se ne parlò per un pezzo, come di una vera e propria stregoneria...


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