PINOCCHIO va per mare - Berto Bertù


Berto Bertù
PINOCCHIO va per mare
Illustrazioni di Adriana Pulvirenti
Società Editrice Internazionale (1955)
pp. 136 - cm 24 x 17 circa



Come fu che la spoglia di Pinocchio non si rassegnò
a finire  in soffitta o sul focolare e fuggì in cerca di
avventure in mezzo al mare





“Era il mare.
Pinocchio serbava del mare qualche ricordo e non bello.
Aveva corso il pericolo di essere fritto in padella come un pesce, quando inseguito dal mastino Alidoro aveva spiccato un salto come un ranocchio, cascando in acqua e con sua grandissima meraviglia s'era trovato rinchiuso dentro una grossa rete, in mezzo ad un brulichio di pesci che scodinzolavano e si dibattevano come tante anime disperate. Il pescatore dai capelli e dalla barba verde, che sembrava un grosso ramarro dritto in piedi, dopo averlo legato e infarinato a dovere, stava per buttarlo a friggere nell'olio bollente, quando lo stesso Alidoro, con un gran lancio da terra, aveva abboccato quel fagotto infarinato e, tenendolo leggermente con i denti, lo aveva portato in salvo.”

















Rames GAIBA

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PINOCCHIO illustrato da Roland Topor


Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio. Illustrate da Roland Topor. Milano. Olivetti, 1972 [Edizione unica, fuori commercio]
cm 34 x 28; p. 142, [5]. Illustrazioni 23 nel testo. Editoriali in tela nera. Copertina con illustrazione tratta da p. 85
Risguardi con illustrazioni a doppia pagina a colori.


Personalità importante della cultura visiva della seconda metà del secolo scorso Roland Topor, nato a Parigi nel 1938 da genitori polacchi e morto nel 1997.
Romanziere di successo, pittore singolare e inquietante, cineasta ed animatore. A Pinocchio Topor giunge nei primi anni '70, auspice Giorgio Soavi che gli commissiona la strenna Olivetti  per il 1972. Tra Pinocchio e Roland si instaura immediatamente  un rapporto che va ben oltre quello che usualmente  intercorre tra "illustratore" e "illustrato". Topor ebbe infatti a dichiarare: «Io l'adoro questo burattino. È l'unico personaggio letterario moderno, attuale, vero, con le sue curiosità, le sue viltà. E poi quel naso non le sembra un pene, il simbolo della crisi del maschio? Lo guardi quel Pinocchio con quell'aria dimessa e arresa e quel gran naso floscio, in ammirazione della Fatina».
Come traspare anche troppo evidentemente dalle sue parole Topor  legge Pinocchio in chiave violentemente simbolica; carica il burattino di significati, scava all'interno della storia con matita chirurgicamente impietosa. Vengono  così alla luce  complessi edipici mai spenti (Pinocchio che abbraccia le ginocchia della Fatina, ora più che mai donna, forse madre, sicuramente amante), ambiguità sottilmente non dichiarate (il Pescatore Verde con la sua natura  ripulsiva ma oscenamente ambigua), timori ancestrali  mai completamente sopiti (il Serpente). L'operazione, quasi un viaggio all'interno della simbologia latente in Collodi. Topor  lo compie tutto  incidendo il foglio con il suo tratteggio criptoottocentesco e la sua particolare vena triste e corrosiva. E la conclusione certo inevitabile è la discesa del burattino in quell'inferno agognato e temuto che è il ventre materno. Il Pesce-cane-grembo restituirà  un Pinocchio nuovo, non sappiamo quanto "ragazzo perbene", certo più consapevole e beffardo, un Pinocchio capace di stemperare e risolvere ogni conflitto nella sfera dell'inconscio.     
 
 













Questo libro è nella collezione Rames Gaiba.


a cura di Rames Gaiba
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