Il PINOCCHIO ILLUSTRATO DAI CAVALIERI, uscì nel 1924 per i tipi dell'editore Salani, [1] si apre già nella copertina con un decoro che richiamano il tardo liberty, ed è illustrato da 8 tavole fuori testo a colori firmate corsivo L. Cavalieri e illustrazioni in testo e fuori testo in bianco e nero non firmate. La sigla M.A. CAVALIERI in stampatello, appare solo in un piccolo disegno nel frontespizio.
Copertina
Pinocchio - Salani Editore, Firenze - edizione del 1929
Luigi Cavalieri parte dall'edizione di Attilio Mussino e ne condivide alcune caratteristiche di fondo: il gusto per il teatro e la gestualità magniloquente, con le comparse a fare da coro all'azione. I personaggi della storia non sembrano mai del tutto spontanei, presi come sono da una gestualità ridondante: (le frustate urlanti di Mangiafoco) o timor panico (Pinocchio tra le mani del Pescatore Verde). Ai gesti esasperati ed esagerati si oppone comunque la dolcezza del personaggio. Pinocchio ha sensibilità e aspetto completamente femminili; ha caviglie sottili, polpacci torniti, vita affusolata. Le labbra sono morbide e colorate da un bel rosso ciliegia, il tirabaci è provocantemente allusivo. Il mondo di riferimento di Luigi Cavalieri è liberty, ma non si concede le esagerazioni formali di tanta illustrazione dell'epoca; punta soprattutto sui particolari, le guarnizioni del vestito e del cappello della Fata dai Capelli Turchini, a esempio, oppure i ricami dei lenzuoli del letto dove il burattino, circondato dai tre pensosi e austeri animali-Dottori, è in attesa di guarigione. Gli altri personaggi sono come oscurati dalla presenza languida ma insistente di Pinocchio/a, anche se una citazione la meritano forse il Pescatore Verde, un mostro marino, degno di Lovecraft, più pesce che uomo, e Mangiafoco, un iroso zingaro da carrozzone, con un berrettaccio giallo e rosso a cingere i capelli. Pinocchio torna comunque alle sue origini, con il vestito ispirato a quello dei clown bianchi, come lo aveva disegnato Enrico Mazzanti. Con l'eleganza da clown bianco si muove a passo di danza, marionetta languida tra le vicende, spesso amare, della sua vita di legno. [2]
Pinocchio occupa costantemente la scena a scapito degli altri protagonisti: è lieve, elegante, efebico, morbido nonostante il legno, spesso sembra sollevarsi dal suolo, danzando. Il «vestituccio di carta fiorita» è giallo con piccole losanghe, «le scarpe di scorza d'albero», nonostante la polvere e il fango, rilucono costantemente di vernice. Non mancono l'enfasi e un'accentuata teatralità, ma il dramma, anche nelle scene più intense, è costantemente eluso. Anzi, la novità di questa opera è data proprio dalla tendenza, più che al sorriso, all'ironia, da una sottile, insistita propensione alla canzonatura. Nasce da qui l'attenzione verso aspetti o figure in genere trascurati dagli altri illustratori. Bast pensare al finalino del capitolo XXIV con il piatto di cavolfiore o all'insegna in ferro battuto dell'osteria del Gambero Rosso, peraltro molto imitata anche in recenti occasioni. E ancora, il pescatore ha sì del mostro marino, cosa pur presente in Mussino, ma i capelli sono foglie di rucola selvatica sulle quali non a caso passeggiano placide lumachine. Il Gatto e la Volpe non sono antropomorfizzati, anche se la seconda fa sfoggio di un bastone da passeggio e del cilindro, mentre l'inquietante e attualissima, figura dell'Omino di burro viene quasi ignorata. Si è parlato di un Pinocchio (tardo) liberty: c'è del vero, ma questo profluvio floreale si appunta di più sulla corteccia della Quercias grande dalla quale penzola, con grazia disinvolta, la creatura di Geppetto, mentre la lussureggiante vegetazione ai piedi dell'albero par quasi rimandare ad Antonio Rubino. E si potrebbe continuare con i fregi e le volute del massiccio portone della casa della Fata turchina, mentre nel ben noto consulto dei medici intorno al capezzale di Pinocchi tutto l'ambiente, contrassegnato da un netto horrror vacui, rimanda con assoluta precisione a una delle tante, parossistiche realizzazioni neogotiche di fine '800. [3]
Cap. III - Intanto i curiosi e bighelloni principiavano a fermarsi lì dintorno
e a far capannello. (Tav. 1)
Cap. X - All'apparizione inaspettata del burattinaio, nessuno fiatò più. (Tav. 2)
Cap. XVI - Vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino
sia morto o vivo! (Tav. 3)
Cap. XXIV - Quando Pinocchio ebbe bevuto come una spugna… (Tav. 4)
Cap. XXVIII - Guardi come lei mi tratta! Io per sua regola sono un burattino. (Tav. 5)
Cap. XXXI - Il paese dei Balocchi (Tav. 6)
Cap. XXXIII - Ma in quella che correva come un barbero, il Direttore
scaricò un colpo di pistola (Tav. 7)
Cap. XXXVI - Addio Mascherine! - Rispose il burattino - Mi avete ingannato una volta,
e ora non mi ripigliate più. (Tav. 8)